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Che ci sia, ormai da qualche anno, una proliferazione di libri su Karl Marx e sul marxismo sembra essere abbastanza evidente. Basta fermarsi a leggere i titoli sugli scaffali di molte librerie. Pensiamo sia superfluo indagarne le ragioni, anche perchè andrebbe fatta una valutazione qualitativa (più che quantitativa) di questi titoli. E, generalmente, una valutazione qualitativa è sempre fin troppo “soggettiva” quindi finirebbe per rispecchiare solo il “nostro” desiderio di trovare qualcosa di diverso su quegli scaffali. I criteri sono personali. Di comune opinione, comunque, è che stiamo vivendo una fase storica di estrema crisi (non solo economica ma di “paradigma” in senso molto più ampio) con un vuoto teorico a tratti straordinario rispetto alla critica della società ed alle teorie dell’organizzazione (anche politica). Aggrapparsi a Marx, ovvero all’ultimo grande tentativo organico di rispondere e “comprendere” i mutamenti sociali, è una reazione “difensiva” più che comprensibile ed accettabile.
A proposito della diffusione dei testi su Karl Marx, scrive il giornalista Antonio Caroti sul Corriere della Sera (il 19 maggio 2011):
In Italia questo libro trova terreno fertile, dato che persino alla Luiss, università della Confindustria, si organizzano convegni annuali sul filosofo di Treviri per iniziativa di Corrado Ocone, autore del saggio Karl Marx (Luiss University Press). Mentre nelle librerie abbondano volumi come Marx di Stefano Petrucciani (Carocci), La forma filosofia in Marx di Paolo Vinci (manifestolibri), Karl Marx di Nicolao Merker (Laterza), Marx. Istruzioni per l’uso di Daniel Bensaid (Ponte alle Grazie).
Ad esempio Diego Fusaro, autore del saggio Bentornato Marx (Bompiani), è per molti versi in sintonia con Hobsbawm: «Oggi Marx — sostiene — è un naufrago, scampato all’incorporazione del suo pensiero nello stalinismo, ma anche alla demonizzazione di chi gli addebita il Gulag. Inoltre è un segnalatore d’incendio, che ci mostra come la società capitalista sia ambigua, sospesa tra grandi promesse di emancipazione e concreta negazione di tali prospettive per gran parte dell’umanità, e produca una profonda alienazione, per cui nel nostro mondo i protagonisti non sono gli uomini, ma le merci, con i loro riflessi incantatori e feticisti».
Uno di questi contributi (pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2011) è quello di Eric Hobsbawm, noto storico di formazione marxista che ha definito il Novecento come “Secolo breve“.
Il suo ultirmo lavoro “Come cambiare il mondo. Perchè riscoprire l’eredità del marxismo“, che ha già avuto un notevole consenso in Inghilterra, si presenta al lettore italiano quasi come una provocazione. Una provocazione perchè l’Italia è stata la Patria dell’operaismo, ovvero di un processo straordinario di adattamento marxiano al Novecento. Un tentativo altamente creativo che ha generato un avanzamento teorico ed organizzativo molto importante e propriamente italiano (a partire dai Quaderni Rossi di Raniero Panzieri fino ai primi anni Settanta). Riprendere Marx in Italia, quindi, significa sempre aprire violentemente un vaso di pandora fatto di elaborazione filosofica e pratica politica che vanno di pari passo e che spesso si presentano come un “lutto” non ancora pienamente elaborato. Forse per certi versi neanche veramente affrontato. E’ difficile mantenersi “oggettivi” in questo contesto.
Ad ogni modo la motivazione alla base del lavoro di Hobsbawm potrebbe essere riassunta in questo modo, prendendo in prestito le sue parole:
Paradossalmente, entrambe hanno interesse a fare ritorno a un grande pensatore la cui essenza è la critica sia del capitalismo sia degli economisti che non hanno saputo prevedere dove avrebbe condotto la globalizzazione capitalistica, come lui aveva predetto nel 1848. […] è palese che il funzionamento del sistema economico debba essere analizzato sia storicamente, come una fase e non la fine della storia, sia realisticamente, vale a dire non in termini di un equilibrio di mercato ideale, ma di un meccanismo interno che genera crisi periodiche potenzialmente in grado di mutare il sistema. Quella attuale potrebbe essere una di queste.
Per provare a rilanciare il marxismo, non tanto nella sua veste ideologica quanto nella metodologia di analisi (il vero punto di partenza di Hobsbawm), lo storico inglese mette in campo una raccolta di articoli e ricerche pubblicati in circa Sessant’anni di lavoro e rielaborati per dare al lettore l’occasione di farsi un’idea complessiva non solo su Karl Marx ma sulla molteplicità di intersezioni con la storia che ha subito il consolidamento del marxismo. Il prodotto è una ricca lettura che affronta quasi tutti gli aspetti dell’ideologia, dai problemi concettuali alle diatribe dottrinali nell’ortodossia (ed al confine tra ortodossia e critica anti-marxista) passando per le influenze, le revisioni e la penetrazione nelle diverse aree geografiche a seconda delle differenti epoche storiche. Di grande importanza, a nostro avviso, sono le note relative ai Grundisse (un testo probabilmente fondamentale) ed alla formazione del corpus marxiano, perennemente condizionato dalle esigenze di “organizzazione” del Movimento operaio (a livello internazionale e nazionale). Anche il tributo alla revisione di Antonio Gramsci suscita non poco interesse. Arrivato all’ultima pagina (esattamente la 418) il lettore avrà una visione decisamente ampia, forse fin troppo, delle cause e delle conseguenze che gli scritti di Karl Marx hanno provocato lungo il percorso della storia.
Qui la traduzione in italiano.