A distanza di qualche ora dall’inizio della Manifestazione che porterà gli “Indignados” italiani da Piazza della Repubblica a Piazza San Giovanni passeggiamo sul web per raccogliere posizionamenti ed osservazioni.
Il Fatto quotidiano scrive sulla possibilità che questo sabato di mobilitazione possa risolversi in “un nuovo G8” (ricordando implicitamente Genova 2001) anche a causa delle dimensioni estremamente disarticolate delle realtà in campo, senza organizzazione e “direzione” politica (o progettuale). Non a caso si fa riferimento direttamente a Francesco Caruso (parlamentare di Rifondazione Comunista nei recenti anni del “disgelo” dell’antagonismo), che racconta la sua preoccupazione “perché i giovani non hanno un canale per esprimere la loro rabbia […] prima c’erano i partiti e i sindacati che oggi sono stati sostituiti da questa protesta acefala, senza alcuna centrale organizzativa. E la disarticolazione potrebbe generare scontri”. Insomma, Il Fatto quotidiano mette al centro della propria analisi la paura che tutto possa risolversi nella violenza temendo “blitz di provocatori” che potrebbero mettere in discussione la piattaforma sostanzialmente pacifica di questo 15 ottobre 2011. Ed a questo proposito si chiedono lumi anche a Paolo Ferrero, Segretario di Rifondazione Comunista. Perchè quando si parla di violenza, in atto o in potenza, è quasi ovvio dialogare con la sinistra “estrema”. E gli estremisti così rispondono: “Questa storia di cosiddetti ambienti del Viminale che fanno circolare voci su infiltrati e disordini ogni volta che c’è una manifestazione, deve finire, siamo al boicottaggio. Stiamo lavorando pancia a terra per la riuscita, le nostre strutture di partito sono a completa disposizione del movimento che si batte contro il liberismo selvaggio, quello pornografico di Berlusconi e quello in giacca e cravatta dei Montezemolo, Della Valle e Profumo”. La morale del Fatto quotidiano è fin troppo semplice: “sfilate a braccia alzate”, per evitare tutto questo (si citano i commenti di qualche utente dei social network che hanno organizzato la manifestazione).
Anche La Repubblica non si limita alla notizia ma si sofferma sulle possibili violenze che potrebbero essere generate dal movimento che ha una portata globale visto che coinvolge “ufficialmente” 952 Città e 82 Paesi. C’è una grande evidenza sulla “paura di incidenti e il timore di infiltrati violenti […] nelle ultime ore alcuni messaggi in rete hanno allertato un apparato di sicurezza mastodontico che non vuole repliche del 14 dicembre 2010, l’insurrezione della generazione precaria in Piazza del Popolo”. L’accusa, anche in questo caso, sembra essere la mancanza di organizzazione e di un “servizio d’ordine” che tenga “in linea” i manifestanti (ma un ragionamento su quello che sono diventati i “servizi d’ordine” delle manifestazioni negli anni Settanta andrebbe fatta). Si cita la presenza di “Di Pietro, Vendola, De Magistris, il pd Civati. Ci sarà, ‘umile e intenso’, Fausto Bertinotti. Si rivedranno i no global Agnoletto, Casarini, Don Vitaliano”. Nessun riferimento, neanche per sbaglio, alla sinistra rappresentata da Rifondazione Comunista. Il Fatto quotidiano e La Repubblica, anche in questo caso, rappresentano modelli diversi (ed alternativi) di centro-sinistra. Un’altra considerazione da fare.
In questo senso totalmente fuori linea si presenta il Corriere della Sera. Nessun richiamo a possibili violenze, tutt’altro. Solo un racconto della notizia. Un racconto a tratti ottimista, quasi gioioso. Il Corriere cita il capo della Polizia Antonio Manganelli, ma in senso opposto a quanto fatto dal principale competitor (La Repubblica). Infatti sull’appello circolato su alcuni social network a rispettare l’articolo 21 della Costituzione italiana “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero” si fa notare la citazione fatta, venerdì, da Manganelli: “Noi siamo in piazza non per contrastare i manifestanti ma per assicurare loro la libertà di espressione garantita dalla Costituzione”. Una citazione in positivo, quindi, non in negativo. Il Corriere, tra i tre giornali (e gli interventi) considerati, si presenta in veste soft. Non preoccupato dall’esito della manifestazione (che, in effetti, non può modificare il suo appeal ed il suo posizionamento). Preoccupazione che sentono giornali tendenzialmente “opposti” perchè nell’opposizione a Berlusconi non si distinguono “buoni” o “cattivi” e in un buco nero ci potrebbero finire tutti.
Sono questi i paradossi dell’Editoria e della Politica. Ancora qualche ora e le osservazioni potranno farsi più contingenti.
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