Riportiamo sotto, integralmente, il testo definitivo dell’articolo 8 della manovra finanziaria pubblicata il 16 settembre 2011 (entrata in vigore il giorno seguente) che tanto ha fatto, e sta facendo, discutere il “mondo del lavoro” (e non solo). Le organizzazioni sindacali, sull’argomento, si sono ulteriormente divise (qui un sunto). Confindustria osserva tranquilla. Marchionne esulta. Sacconi vede realizzarsi un altro pezzo importante del suo “Libro bianco” scritto qualche anno fa (qui un nostro breve commento). La destrutturazione delle vecchie strutture burocratiche e centralizzate del Welfare State, iniziata negli anni Ottanta con l’avanzata dei “colletti bianchi” proprio dai cancelli della FIAT contro il movimento operaio (ormai esausto e frammentato), si sta lentamente compiendo. Il passaggio alla Welfare Society, una rete diffusa di istituzioni della protezione che dovrebbe accompagnare l’individuo nel pieno sviluppo del proprio benessere emotivo, è ormai più che evidente. L’articolo 8 della “nuova” manovra economica, giustificato dalla crisi economica globale e nascosto dalle imposizioni della Banca Centrale Europea, è solo un altro mattone che contribuisce a dare senso al progetto. L’organizzazione delle nostre Vite sta cambiando. Lo Stato ha configurato un’altra modalità della Provvidenza nei confronti dei suoi individui.
La destra istituzionale e quella politica (che comprende pezzi importanti di mondo industriale e clericale) sono consapevoli di questa evoluzione e sono già abbondantemente attrezzati per sfruttare la situazione a proprio vantaggio. La Chiesa, con Giovanni Paolo II prima e con Benedetto XVI poi, ha moltiplicato i propri sforzi di radicamento e caratterizzazione ideologica. Forse oggi, più di ieri, le strutture del panorama clericale sono legate alle Comunità locali attraverso una rete di servizi (anche produttivi) che le rendono in alcuni casi alternative al “vecchio” sistema di Welfare (grazie al dinamismo “spettacolare” di Giovanni Paolo II). Questa alternativa viene ora legittimata teoricamente dal rilancio della funzione politica della Dottrina sociale della Chiesa cattolica. Le encicliche di Benedetto XVI servono proprio a costruire un modello di Vita basato sulla concezione della carità che sostituisce la “protezione sociale” e sulla speranza che dovrebbe addolcire la miseria sottraendola alla indignazione ed al conflitto. E’ questo il cemento della “società pacificata” auspicata dal Libro Bianco. Anche il mondo idustriale da almeno tre decenni sta strutturando territorialmente le proprie capacità di fare profitto, andando a frammentare la normativa ed il sistema di relazioni industriali. La vera eccedenza dell’economia sta, infatti, nella capacità di utilizzare la Terra (qui un nostro intervento su questo argomento) a proprio vantaggio, delocalizzando le industrie o agendo per aumentare le possibilità dell’accumulazione economica. L’esplosione di innumerevoli conflitti locali su diversi argomenti (TAV, Rifiuti, Grandi opere e via dicendo) sono solo il risultato più evidente di questa ristrutturazione generale. Le comunità locali si oppongono a violenze direttamente subite a danno del proprio territorio. E’ un cambio di paradigma essenziale.
L’unico elemento che continua a rimanere “statale” in questa trasformazione strutturale è il Lavoro. Per Lavoro si intendono tutte quelle forze che organizzano i lavoratori ed i precari (a prescindere dalla tipologia di contratto). In questa categoria inseriamo anche i lavoratori a Partita IVA, i piccoli imprenditori (che gestiscono una galassia di attività che supportano la vita delle Comunità locali) e via dicendo. In questo campo, nonostante le sconfitte delle piattaforme che sono state proposte dagli anni Ottanta ad oggi, non c’è ancora stato un salto di qualità. La debolezza delle organizzazioni sindacali (in modo particolare la CGIL, in tutti i settori) davanti ai ricatti del profitto hanno radice in questa diacronia storica tra l’evoluzione della gestione del potere (e delle forme di governance aziendale e territoriale) e la necessità di conservazione che domina il Lavoro.
Allo zenit di questo processo, oggi, si trova l’articolo 8 (potete leggere sotto il testo integrale) della Manovra “bis”. Si potrebbe ragionare ore ed ore (e per pagine e pagine) sui contenuti pratici e concettuali che esso rappresenta. In sintesi potremmo dire che significa la fine “costituzionale” della contrattazione collettiva nazionale e, soprattutto, delle organizzazioni sindacali così come le conosciamo oggi. Non è escluso, infatti, che alcuni imprenditori “illuminati” (e malefici) comincino ad organizzare propri Sindacati all’interno delle medio-grandi Aziende, in modo da gestire ed organizzare a proprio piacimento le relazioni industriali (ad ogni livello). Questo perchè ogni potere decisionale sarà demandato ai territori e, in modo particolare, al consenso territoriale. La creazione del consenso (attraverso la costituzione di nuove forme sindacali e/o concessioni di altro genere), quindi, diventerà uno strumento essenziale del potere aziendale. E’ un’altra legislazione di emergenza che andrà ulteriormente a perforare l’ormai estinto sistema di protezioni collettive rappresentato dal Welfare State. La “crisi”, ancora una volta, diventa veicolo di trasformazioni radicali.
A questo punto la provocazione suona più o meno in questo modo: perchè opporsi all’articolo 8? Le organizzazioni sindacali e partitiche della Sinistra (e di altre geografie istituzionali) hanno palesato il loro diniego. No. Un no conservatore, come tanti altri “no” che sono stati pronunciati dagli anni Ottanta ad oggi. Per lasciare tutto uguale a se stesso. Il risultato di questo spirito conservatore è la debolezza assoluta (oggettiva e soggettiva) del “mondo del Lavoro”. Mentre gli altri poteri durante il lungo corso di questi anni hanno saputo leggere le dinamiche della realtà ed organizzarsi, il Lavoro non è riuscito ad aderire ai movimenti della storia. Un grave errore, sotto ogni punto di vista. Si è limitato ad inseguire le riforme strutturali cercando di condensare qualche “salvezza”. Ed oggi si trova impreparato davanti all’ultimo assalto, quello definitivo. Per questa ragione ben venga l’articolo 8 perchè questo provocherà una necessaria riorganizzazione delle forze produttive su base territoriale, attraverso un legame costituente con le Comunità locali.
Art. 8
Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda ai sensi della normativa di legge e degli accordi interconfederali vigenti, compreso l’accordo interconfederale del 28 giugno 2011, possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività.
2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:
a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;
b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;
c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;
d) alla disciplina dell’orario di lavoro; e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio, il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento.2-bis. Fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro, le specifiche intese di cui al comma 1 operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.
3-bis. All’articolo 36, comma 1, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, sono apportate le seguenti modifiche:
a) all’alinea, le parole: “e la normativa regolamentare, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicate” sono sostituite dalle seguenti: “la normativa regolamentare ed i contratti collettivi nazionali di settore, compatibili con la legislazione comunitaria, ed applicati”;
b) dopo la lettera b), è inserita la seguente: “b-bis) condizioni di lavoro del personale”.