Filosofi precari, “intellettuali disorganici” e Invisibili. Un pericoloso mix per ogni regime…
(da Il fatto Quotidiano, p. 17 anno 2, n. 190, alcuni estratti)
Nanni Balestrini, Umberto Eco e gli altri ci riprovano: torna la rivista culturale Alfabeta
Non c’è più nemmeno bisono di agitare lo spettro della fondina. La parola “cultura” fa abbastanza schifo a molti senza scomodare gerarchi nazisti. Per non dire la categoria che la maneggia: intellettuali. Dileggiati, offesi, storpiati (nella peggior vulgata: “pseudo-intellettuali” o “intellettualini”). […] Così ritorna Alfateta, rivista culturale nata a Milano alla fine degli anni Settanta: dentro ci sono Eco, Sartori, Colombo, Bonito-Oliva, Cardini.E naturalmente Nanni Balestrini, lo scrittore degli Invisibili.
Balestrini, vent’anni dopo con chi se la vedono i moschettieri di Alfabeta?
In realtà non intendevamo rifare Alfabeta. Abbiamo sentito la necessità di intervenire in questa situazione così degradata dal punto di vista culturale. Non volevamo restare spettatori, per esempio, di fronte all’universo culturale falcidiato da tagli.
Dietro i tagli c’è un’intenzione?
Sì. C’è l’idea – che poi è la base di questo governo berlusconiano – che il populismo si porta avanti con mezzi di massa. Quindi tutto quello che è riflessione colta, individuale, viene visto come nemico. Ma c’è anche disprezzo forte, congenito per la cultura.
Balestrini, una rivista culturale è un mezzo di comunicazione ancora attuale?
Abbiamo fatto quattro o cinque riunioni con dei giovani universitari, perchè ci interessa avere collaboratoi “freschi”. E interpellare la nuova generazione. Sono rimasto sorpreso: i giovani sono creativi, colti e appassionati. Mi fa specie se penso che sono condannati alla precarietà. Questa vitalità ci piacerebbe non fosse sprecata.
Com’era il clima in Italia quando aprì la prima Alfabeta?
Nel 1979 c’erano necessità diverse. Eravamo alla fine del decenni iniziato nel ’68 e la situazione in Italia era molto scossa. Le libertà civili erano in pericolo. Anche allora c’era l’intento, da parte di un gruppo di intellettuali, di mettersi in gioco per incidere sul tessuto culturale. […] Gli ultimi strappi di Berlusconi hanno risvegliato qualche coscienza. Perchè si toccano punti nevralgici , come la libertà di stampa. E attenzione: sono questioni che investono tutti, perchè si cerca di annullare ogni comunicazione che non sia diretta dall’alto.
E’ un po’ il senso dell’intervento di Eco, “Alfabeto degli intellettuali disorganici”.
Sì, vuol essere la storia del ruolo dell’intellettuale come oppositore delle limitazioni alla libertà di espressione.
Gli intellettuali ci salveranno?
No, gli intellettuali non salvano mai nessuno. Però fannocircolare idee e questo fa uscire le persone dalla passività. E da una visione unicamente individuale verso una prosettiva collettiva