Quando la Magistratura entra nel Movimento. La candidatura di Antonio Ingroia ha suscitato non pochi dubbi sulla capacità della Sinistra di emanciparsi da alcuni paradigmi direttamente associabili alle degenerazioni provocate dal berlusconismo. L’utilizzo degli uomini della Legge (a cominciare da Antonio Di Pietro e finendo con Luigi De Magistris ed Antonio Ingroia, appunto) non è mai stato esente da potenti critiche teoriche e politiche. Soprattutto in questo momento. Nel campo teorico, effettivamente, il discorso sulla legalità andrebbe affrontato definitivamente. Il limite della legalità si fa stretto quando si difende il diritto all’insolvenza che è entrato pienamente a far parte dell’Agenda dell’antagonismo non banalmente come retorica ma come critica generale all’indebitamento neoliberale. Non è certamente una questione di poco conto. Il limite della legalità si fa stretto anche rispetto all’ondata di occupazioni e contestuali “liberazioni” che stanno fiorendo progressivamente in tutto il Paese (ed in tutti i paesi) e che vanno difese come generatori di un nuovo processo costituente. E’ un limite che si restringe perchè viene continuamente investito e messo in discussione. Viene decostruito. Questa decostruzione, però, lo rende per quello che è realmente: il limite del Potere. Perchè la legalità rappresenta sempre una forma di amministrazione e di gestione del Potere. E’ un dispositivo di controllo a tutti gli effetti. Ed allora il limite della legalità si trasforma nella critica del Potere, che fa parte integrante dell’antagonismo e della Sinistra in senso ampio. Per questa ragione, politicamente, la Sinistra ha “sussunto” alcuni pezzi della Magistratura. Più che altro è stata una sussunzione “simbolica”. Antonio Di Pietro ha rappresentato la critica della Prima Repubblica. Allo stesso modo l’inchiesta Why Not di De Magistris ha destabilizzato alcuni centri del Potere mentre Antonio Ingroia si è spinto addirittura contro il Presidente della Repubblica. Non sono stati raccolti gli Esseri umani ma le rappresentazioni. Questo non può che essere un fatto positivo perchè ci racconta di una Sinistra che, seppur persa, non ha perso quella tensione alla trasformazione dello Stato che la caratterizza e la distingue dai “moderati” di tutte le razze. E da questo si dovrebbe partire per fare nuovamente movimento.
Cosa s’intende per trasformazione dello Stato?
E il Potere è altro rispetto allo Stato, oppure ne è l’incarnazione?
Quando il Presidente della Repubblica Italiana chiede che le intercettazioni telefoniche indirette delle sue conversazioni con alcuni esponenti ministeriali siano immediatamente distrutte a garanzia della indisponibilità informativa “assoluta” (sic!) delle dinamiche e delle prerogative dei poteri che in capo alla funzione presidenziale si determinano, quali differenze sostanziali corrono fra un’attuale Presidente della Repubblica ed un monarca qual era Luigi XIV o Caterina di Russia?
Quali differenze corrono fra la detenzione del Potere per derivazione divina o oligarchica, e le forme statuali democratiche?
Quindi, la sinistra ha dimenticato che l’obiettivo finale della liberazione dall’oppressione dell’uomo da parte di altri uomini prevedeva l’abbattimento (finale) dello Stato?
E la magistratura, la quale nasce come espressione terza e regolatrice del “contratto” fra le emergenze sociali moderne delle diverse espressioni del potere (nei tempi precedenti sintetizzate solo in un ceto sociale – la nobiltà – e regolate dal Doge o Re di turno, che esprimeva anche diritto di vita e di morte), contratto che veniva siglato nelle assemblee parlamentari fra le diverse forze produttive ed economiche sociali, e ottemperato dai governi e garantito dal ceto giuridico, adesso partecipando direttamente alla “contrattazione” fra poteri, non sembra sempre più chiaramente essere la cartina al tornasole della ormai autoreferenzialità dello Stato rispetto ai luoghi della contrattazione sociale quali sono i parlamenti? Non appare sempre più chiaro che il Potere non è più riferito al Popolo, ma solo autoriferito all’esercizio funzionale dello stesso attraverso le strutture statali?
Allora, la sinistra non solo, candidando magistrati, dice della crisi in cui profondamente versa (segnandone la sua stessa fine funzionale che ha rivestito nella modernità), ma meglio dice della crisi stessa del ruolo e della funzione dello Stato moderno. Se la destra ha candidato avvocati, la sinistra ha candidato magistrati. Adesso candida anche e sopratutto giornalisti, ovvero le voci del padrone.
E’ questa forma autoreferenziale dello Stato, questa prerogativa che non tutti (altro che la funzione!) sono uguali rispetto alla legge, questa crisi della (per dirla nei minimi termini) rappresentanza popolare nei luoghi della contrattazione, che attraversa il globo.
La globalizzazione è sopratutto, prima e oltre la retorica neoliberista che tanto affascina la sinistra quando vuole contestare l’attualità che storicamente non riesce più a leggere, rafforzamento delle funzioni statali, assolutismo delle sue funzioni. La Cina per la sua forza produttiva, ed la Russia per la sua forza energetica, cosa rappresenterebbero altrimenti?
E gli USA cosa sarebbero mai se non la sua forza tecno-militare?
E la UE, con il fantoccio della moneta unica che si voleva fosse forziere finanziario globale, non appare risentire proprio della indisponibilità ad agire come entità statale? O meglio e più precisamente, che la natura eterea e spirituale del denaro costituita a Stato è la scommessa che il Potere di una parte geografica del globo (appunto la UE) senza risorse “fisiche” proprie tenta di giocare nello scenario globale, provando a dimostrarne la prossima evoluzione delle forme e delle funzioni dello Stato?
Allora, nuove domande:
Può esserci una sinistra che si lascia occupare e stilare la propria agenda politica dalle espressioni più addentro lo Stato? Oppure è proprio da essa (la sinistra) che tutti ci aspetteremmo politiche popolari di liberazione dei popoli? Non aveva forse tanta ragione quel filosofo che diceva che tanto più c’è Stato, tanto meno c’è un popolo? Ed in Italia, forse l’ultima forza politica veramente popolare e che della sussidiarietà allo Stato ne fece l’indirizzo politico fu la DC (o meglio, la parte minoritaria di essa, ma in gran parte egemone del partito prima della morte di Moro e della fine di quella egemonia)?