Nel prossimo brano, tratto da “Mente e natura”, il filosofo, psicologo, antropologo e biologo Gregory Bateson crea un fecondo parallelismo fra come funzionano i nostri organi di senso e come funziona la conoscenza: gli organi di senso umani possono ricevere “soltanto” notizie di differenze, e per essere percettibili le differenze devono essere codificate in eventi temporali (cioè in ‘cambiamenti’). La “scienza”, e la “conoscenza”, non è altro che una ricerca delle invarianze, in natura come nel mondo storico. Trovare e definire linguisticamente qualcosa che non cambia (le invarianze), a sua volta, significa trovare le “differenze“. Ma ci sono metodi e metodi nella scienza. Gregory Bateson, un pioniere del pensiero complesso, sistemico, gerarchico e pluridisciplinare, contro ogni approccio riduzionistico, in “Mente e natura” ci invita a “conoscere” e a fare scienza prendendo esempio dal funzionamento dei nostri occhi, dalla visione binoculare. Descrivere un fenomeno da due punti di vista differenti, con due elaborazioni diverse, aumenta infine la comprensione e la descrizione del fenomeno nella relativa e inevitabile sintesi fra i due dati diversi. Come la visione binoculare fornisce la possibilità evolutiva di una nuova informazione (la profondità spaziale) così la comprensione dei fenomeni attraverso la “relazione” è in grado di fornire un ordine nuovo di comprensione e una pedagogia nuova. Dalla visione combinata dei due organi e dai due emisferi cerebrali si ottiene un genere d’informazione che si potrebbe ottenere da un solo occhio soltanto impiegando speciali conoscenze collaterali (ad esempio, sulla sovrapposizione degli oggetti nel campo visivo); si ottiene, appunto, la percezione della profondità. Questa informazione riguarda una dimensione diversa (come direbbe il fisico), o un’informazione di tipo logico diverso (come direbbe Bateson). Per Bateson, però, questa della visione binoculare non è una semplice metafora: è un meccanismo generale provato dall’evoluzione darwiniana, dalla biologia, dal funzionamento della nostra mente. Di questa “metafora”, l’autore, nel corso del libro, dipana una raffinata spiegazione logica, ricca di esempi tecnici ma comprensibili anche per non addetti ai lavori, visto che, come direbbe Gould, la scienza ha bisogno delle giuste metafore per progredire. Nel metodo di Bateson, il “tutto” è sempre qualcosa in più della somma delle parti.
Di tutti questi esempi, il più semplice, ma anche il più profondo, è il fatto che per creare una differenza occorrono almeno due cose. Per produrre notizia di una differenza, cioè “informazione”, occorrono due entità (reali o immaginarie) tali che la differenza tra di esse possa essere immanente alla loro relazione reciproca; e il tutto deve essere tale che la notizia della loro differenza sia rappresentabile come differenza all’interno di una qualche entità elaboratrice di informazioni, ad esempio un cervello, o forse un calcolatore. […] Consideriamo un altro caso semplice e assai noto di descrizione doppia. Che cosa si guadagna confrontando i dati raccolti da un occhio con quelli raccolti dall’altro? Generalmente, entrambi gli occhi sono rivolti verso la stessa area dell’universo circostante, il che potrebbe apparire come uno spreco di organi di senso. Ma l’anatomia mostra come da quest’uso debba derivare un vantaggio notevole. L’innervazione delle due retine e la creazione, nel chiasma ottico, di percorsi per la ridistribuzione delle informazioni è una operazione morfogenetica così straordinaria che deve certo denotare un grande vantaggio evolutivo. In breve: la superficie di ciascuna retina è una coppa approssimativamente semisferica su cui una lente proietta un’immagine rovesciata di ciò che si vede. Pertanto, l’immagine di ciò che si trova davanti a sinistra verrà proiettata sulla parte esterna della retina destra e sulla parte interna della retina sinistra. Ciò che è sorprendente è che l’innervazione di ciascuna retina è divisa in due sistemi da una netta demarcazione verticale; quindi le informazioni portate dalle fibre ottiche della parte esterna dell’occhio destro s’incontrano, nell’emisfero cerebrale destro, con le informazioni portate dalle fibre provenienti dalla parte interna dell’occhio sinistro. Analogamente le informazioni della parte esterna della retina sinistra e della parte interna di quella destra si raccolgono nell’emisfero sinistro. L’immagine binoculare, che appare indivisa, è in realtà, una complessa sintesi, compiuta nell’emisfero destro, di informazioni provenienti dal lato sinistro e una corrispondente sintesi, compiuta nell’emisfero sinistro, di materiale proveniente dal lato destro. Successivamente questi due aggregati di informazioni sintetizzate vengono a loro volta sintetizzati in una singola immagine soggettiva dalla quale è scomparsa ogni traccia della demarcazione verticale.
Da questa elaborata disposizione derivano due generi di vantaggi: l’osservatore è in grado di migliorare la risoluzione ai bordi e i contrasti, ed è meglio in grado di leggere quando i caratteri sono piccoli o l’illuminazione fioca. E, ciò che più importa, viene prodotta informazione sulla profondità. In termini più formali, la “differenza” tra l’informazione fornita da una retina e quella fornita dall’altra è a sua volta informazione di “tipo logico diverso”. Con questo nuovo genere di informazione l’osservatore aggiunge alla visione un’ulteriore “dimensione”. Sia A la classe o insieme delle componenti dell’aggregato di informazioni ottenute da una prima sorgente (per esempio l’occhio destro) e B la classe delle componenti delle informazioni ottenute da una seconda sorgente (per esempio l’occhio sinistro). AB rappresenterà allora la classe delle componenti cui si riferiscono le informazioni provenienti da entrambi gli occhi. AB deve o contenere elementi o essere vuota. Se esistono effettivamente elementi di AB, le informazioni della seconda sorgente hanno imposto ad A una sottoclassificazione che prima era impossibile (cioè, combinandosi con A hanno fornito informazioni di un tipo logico di cui la prima sorgente da sola era incapace). Procederemo ora nella ricerca di altri casi che rientrano nella stessa categoria, e in particolare in ciascun caso cercheremo di determinare come dalla giustapposizione di descrizioni multiple si generi informazione di tipo logico nuovo. In linea di principio, ogni volta che l’informazione relativa alle due descrizioni viene raccolta oppure codificata in modo diverso, ci si deve aspettare quella che metaforicamente potremmo definire una maggior ‘profondità’.
Se poi a tutto questo, aggiungiamo i movimenti saccadici che quantizzano 20 volte al secondo il divenire della realtà per poterla ridurre a impulsi neuronali, il quadro della complessità sistemica è completo…