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(nelle foto, due uomini “primitivi” a confronto)
Alle volte è un peso scrivere recensioni, mai nel caso di Francesco Remotti. Prima lezione di antropologia è davvero un pregevole libro del nostro filosofo-antropologo. Del resto, è l’ennesima opera di un autore che, da anni, cerca di decostruire il concetto di cultura. La tesi di fondo di questo testo è la seguente: elaborare forme di umanità significa sempre scegliere, separare e scartare, distinguersi da altre possibilità, che a loro volta vengono respinte ed allontanate. La cultura, le delimitazioni, si scavano nella carne, nei solchi della pelle, nei tatuaggi, nei piercing, nelle poderose mura del nostro variegato apparato simbolico, nelle mode, nelle nostre religioni e istituzioni. La cultura cerca di farsi natura, così la natura cerca di trasformarsi, anzi, legittimarsi in cultura. Alla fine però, le diverse umanità autocreatesi sono dipendenti l’una dall’altra. Le varie UMANITA’ sono in una inconsapevole simbiosi. Esempio centrale del libro per significare quest’ultimo concetto sono gli studi sul campo fatti dall’antropologo Roy Richard Grinker. La zona prescelta è la foresta equatoriale dell’Ituri, nel nord-est dell’Ex Zaire, ora repubblica democratica del Congo. In particolare Remotti si concentra su due diversi modi di COSTRUIRE UMANITA’, da parte dei Lese, coltivatori, e da parte dei Pigmei Efe, cacciatori. La distanza spaziale tra i due gruppi è minima, ma la distanza antropologica è massima. Per noi, apparentemente sia i Lese sia gli Efe vivono nella foresta equatoriale del Congo. Collochiamoci ora nelle loro rispettive concezioni.
Per i Lese succede che:
1) Vivere in un villaggio – ancorchè circondato da foresta – configura una situazione del tutto opposta a quella di chi vive in un accampamento dentro la foresta. Il villaggio è infatti caratterizzato dall’abbattimento degli alberi e dalla ripulitura del suolo (operazione fatta dai “barbari” Efe). Per i Lese, quella degli Efe è una umanità selvaggia, essi non hanno autocontrollo, sono violenti e disordinati; sono incapaci di pianificare e di riflettere; essi non hanno “akiri” (intelligenza), come non hanno pazienza (sibosibo); rubano e distruggono i campi, come i babbuini; sono ingordi di cibo e sesso, e commettono perfino incesto.
2) I Lese considerano gli Efe esseri umani, sono cioè persone (watu). Ma non sono cosiderate singolarmente, non sono cioè “muto” (il singolare di watu)
3) Per i Lese, l’umanità, la vera umanità, risiede nel villaggio (potremmo dire che credono in una NATURA umana), in un rapporto di OPPOSIZIONE alla foresta ed a tutto ciò che vi abita. (Un fenomeno simile? Gli Inuit, gli Eschimesi. Inuit significa in lingua locale UOMINI, in opposizoine alle altre forme di umanità costruite dall’Homo Sapiens). Spiega Grinker: “quando l’erba comincia a crescere vicino alle case dei Lese, e quando la vegetazione arriva alla periferia del villaggio, i Lese dicono che la foresta “”si sta avvicinando”” e deve essere abbattuta”.
Fin qui, l’opposizone, che OGGETTIVA i Lese e gli Efe. Creare è dividere, parafrasando un filosofo, nonché i miti primordiali di ogni popolo (e parafrasando anche Levi-Strauss, rip.). Ma gli Efe entrano in modo assai più incisivo nella vita dei Lese, oltre la semplice e vitale OPPOSIZIONE. Questo confine fra le due umanità risulta continuamente superato da numerose occasioni di scambio.
1) La collaborazione prestata dagli Efe non si limita alla sfera dei campi e al levare le piante infestanti: essa riguarda anche l’interno del villaggio. I pigmei Efe infatti procurano acqua, legna da ardere, materiali per costruire le case dei Lese.
2) Gli Efe sono partener commerciali, che se ne stanno nella loro foresta ma che divengono un po’ i servi dei Lese.
3) A detta di Griker, tra le altre cose che gli Efe offrono ai Lese (prodotti della foresta, manodopera e prestazioni femminili) vi sono anche le prestazioni sessuali e riproduttive delle loro donne.
4) La denigrazione dei Lese contro gli Efe è solo una faccia della medaglia: come lo stesso Grinker sottolinea, essa implica “ambivalenza” e si alterna a forme di “idealizzazione degli uomini Efe in quanto forti, capaci e leali, in grado di proteggere i Lese dai nemici e da malevoli entità soprannaturli”.
In questa prospettiva, l’antropologo americano giunge a sottolineare (come Remotti) l'”incompletezza” di fondo che caratterizzerebbe tanto i gruppi Lese quanto gli Efe, gli uni senza gli altri. L’incompletezza dell’uomo. La natura artificiale dell’uomo, la natura CULTURALE dell’uomo, la mancanza di una NATURA ovunque valida. Ognuno dei due popoli cerca di scrivere la propria cultura in una ideallizzata e sostanzializzata natura, ma questo è un atteggiamento che ogni popolo ha fatto nella storia del mondo, come mostra abbondanetemente Remotti nel libro, facendo ricorso ad altri esempi; fra tutti cito San Paolo, l’apostolo delle genti che avrebbe ideologicamente sostanzializzato la cultura, l’ ethos ebraico, iscrivendolo nel cuore, nell’anima dell’uomo di ogni popolo, di ogni razza e cultura. Universalizzazione dell’ethos ebraico. Aggiungo io, è da sempre quello che cercano di fare la filosofia e la scienza: creare universali, formalizzare delle nature universalmente valide. Ma la filosofia, nell’ultimo secolo, si è fatta un po’ più furba, un po’ più oculata, meno ambiziosa di prima. Forse un po’ più rassegnata. Il secolo della disillusione di antropologia e filosofia.
Bellissimo commento, preciso ed accurato nella descrizione dei particolari del libro!