“Le diseguaglianze sociali ed economiche devono soddisfare due condizioni: devono essere legate a funzioni ed a posizioni aperte a tutti, in condizioni di parità equa delle opportunità; devono procurare il più grande vantaggio ai membri più svantaggiati della società”. (John Rawls, Il principio di differenza, par. 46 di “Una teoria della giustizia”, 1971)
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Contro l’utilitarismo classico di Bentham, Mill e seguaci postmoderni, John Rawls propone una nuova soluzione per coniugare giustizia sociale e liberalismo in una nuova, celebre, teoria della giustizia. Teorico del contratto, lo studioso è considerato oggi nel mondo come il massimo esperto della “terza via” tra liberismo e socialismo, e il suo libro è ormai un classico della filosofia politica. Rawls rilegge Aristotele e i classici della filosofia politica inglese (Locke, Hume, Hobbes). Il suo contrattualismo è in parte ispirato a Rousseau, ma senza una teoria dello stato di natura. La sua concezione della morale affonda le sue radici in Kant. Il libro, pubblicato nel 1971, genererò molte critiche ed un dibattito vastissimo: dagli ultra-liberali era ritenuto troppo di sinistra, e dai socialisti troppo di destra. Dal 1971 al 2002, anno della sua morte, Rawls ha pubblicato molti articoli e altri libri per spiegare, ampliare e difendere la sua teoria, diventata nel frattempo un pilastro delle teorizzazioni sociopolitiche del Ventesimo secolo.
L’utilitarismo di Bentham è convinto che l’obiettivo dell’umanità sia la felicità, e che ognuno cerchi di ottenere ciò che è bene e di evitare ciò che è dannoso. Analogamente, lo scopo del governo è di cercare il bene comune (“welfare”), considerato come la somma dell’utilità dei diversi individui che la compongono. In sintesi, il bene comune è quello che contempla la massima soddisfazione realmente possibile per tutti. Ma per Raws, questa concezione è problematica. Si consideri la seguente situazione (è l’esempio dello studioso): bisogna organizzare una lotta collettiva contro una malattia mortale altamente contagiosa. Ma per preparare il siero necessario alla guarigione è necessario sacrificare due vittime a caso. Secondo il criterio utilitaristico siamo di fronte alla seguente scelta: o morire tutti o far morire due individui in nome della collettività. Si preferisce pertanto la seconda soluzione. L’utilitarismo va anche oltre: coloro che vengono sacrificati sono i “meno utili” della società. Questa è la sconfitta di ogni reale coscienza morale come dell’etica kantiana. Per Kant, infatti, sono almeno due i motivi per cui si dovrebbe proibire una tale scelta. Innanzitutto, ognuno è un individuo e, come tale, non c’è un individuo che ha più o meno valore di un altro. La discriminazione è immorale. Inoltre, una delle formulazioni dell’imperativo categorico kantiano ci dice che non bisogna mai considerare l’umanità (nella mia persona come in quella degli altri) solo come mezzo, “ma sempre allo stesso tempo come un fine”. Dunque, i due morti sono presi solo come mezzo e non al tempo stesso come fine.
Ma allora: dovremmo sacrificare tutta la popolazione perché un imperativo categorico etico vieta il sacrificio di due di noi? La teoria di Rawls considera una situazione originale in cui gli individui reagiscono sotto un “velo di ignoranza” (veil of ignorance). Questa situazione non sussiste senza pensare al Contratto Sociale di Rousseau o di Locke: significa ricavare i principi di autorità politica da una convenzione con la quale si sono isolati filosoficamente degli individui per poi formare una comunità di diritto. Ma Rawls ritiene che siamo sempre tentati di cercare teorie politiche basate su i vantaggi personali piuttosto che cercar di capire cosa comporterebbe la loro applicazione per noi. Quindi, c’è bisogno di postulare una situazione originale in cui i partner sociali sono posti dietro un velo di ignoranza in modo che non sappiano nulla di quello che sarà il loro posto nella società (capo o dipendente, vivo o morto), le loro abilità naturali (forte o debole, invalido o portatori di handicap) e senza pre-concezione del bene (e quindi non sotto l’influenza di una qualsiasi religione o ideologia politica). Il contraente non sa nemmeno quali sono le “circostanze della propria azienda”, vale a dire qual è il suo potere economico, il suo sistema politico, il suo livello culturale. E’ proprio in questo contesto che le persone si trovano d’accordo su ciò che dovrebbero essere i principi di giustizia.
Nel nostro esempio precedente, ogni persona deciderebbe secondo la sua concezione del Bene. Seguendo invece la teoria di Rawls, immaginiamo un altro esempio in cui una cinquantina di persone vivono in una palude con la malaria. Per salvare il popolo, dobbiamo prosciugare la palude. Il duro lavoro causerà probabilmente delle vittime (diciamo due) e tre individui non saranno beneficiati, perché sono già immuni. E’ necessario o meno prosciugare la palude? Sotto il velo di ignoranza non si sa né quanti sono gli individui immuni, né se si fa parte di coloro che moriranno nelle opere. Tutto quello che sappiamo è che se non si prosciuga la palude si hanno 10 possibilità di sopravvivere su 100, mentre se si prosciuga la probabilità di sopravvivere sale al 90%. Senza dubbio, sotto il velo di ignoranza, voteremmo all’unanimità per i lavori.
Assumendo pertanto i soggetti come posti dietro un velo di ignoranza, assumendo i normali motivi egoistici (gli individui sono preoccupati per il loro futuro) e assumendoli come dotati di ragione, in quali principi generali di divisione dei beni essi possono essere d’accordo? Secondo Rawls tutti gli individui in questa situazione saranno d’accordo su due principi:
– Il primo principio (il principio di uguale libertà), “ogni persona ha un eguale diritto al più esteso sistema di libertà fondamentali, compatibilmente con un simile sistema di libertà per tutti gli altri” (each person must have an equal right to the most extensive total system of equal basic liberty for all, consistent with a single system for all). Questo significa che tutti hanno la stessa base di diritti e doveri. Tutti vogliono gli stessi diritti fondamentali: la libertà di movimento, espressione, riunione, proprietà ecc. “Le libertà fondamentali possono essere limitate in nome della libertà“. La libertà è inalienabile, e qui si rivela Rawls liberale e vicino all’Illuminismo.
– Il secondo principio (il principio della disuguaglianza) afferma che le disuguaglianze (economiche e sociali) sono giustificate solo se: legate agli incarichi, ai posti di lavoro disponibili a tutti in condizioni imparziali di pari opportunità (principio delle pari opportunità). Questo presuppone che l’azienda e lo Stato devono ridurre il più possibile le differenze naturali.
Questi principi sono gerarchici: il principio di eguale libertà ha la priorità sugli altri due e il principio delle pari opportunità ha la priorità sul principio di differenza. Una società giusta non è egualitaria, ma è una società equa, dove le posizioni che danno i maggiori vantaggi sono a disposizione di tutti ed i benefici che hanno ottenuto alcuni possano essere a disposizione di altri. L’ideale rawlsiano è un ideale democratico. Rawls ritiene che sia possibile estendere le ipotesi della società da lui delineata alle nazioni sviluppate. Regimi dittatoriali e non equi non possono essere accettati come membri di diritto in una società dei popoli.
Michela Rossi (dottore di ricerca in Filosofia Politica)
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– Sulla critica all’utilitarismo e sulla “terza via”, vedi anche la recensione ad Amartya Sen, Etica ed Economia
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