Questo thread di Wu Ming 1 era necessario perché si sente sempre più forte l’urgenza di ridefinire gli spazi politici, ormai spazzati via dalla banalità del quotidiano. Puntare il dito sulla fine delle “Grandi Narrazioni” è un mantra che non funziona più. Condivido l’analisi sugli approcci diversi del dichiararsi “indifferenti” ai posizionamenti classici rappresentati dalla destra e della sinistra. Dipende sempre da chi urla e dai contenuti espressi (d’altronde “storicizzare al massimo” vuol dire proprio questo).
Come esempio tendenzialmente destrorso da aggiungere al “grillismo”, citato nel post come modello e pratica dell’annullamento destra-sinistra per una ipotetica “terza posizione” non bene precisata, aggiungerei anche l’Onda studentesca che, in quanto a metodi e “paranoie”, non si è mostrata molto differente. Le lezioni dei professori-baroni in Piazza sono state la rappresentazione visiva di un fallimento. I cortei gridavano “né destra né sinistra” eppure le Assemblee ospitavano interventi-fiume di grandi firme che non hanno favorito (e tantomeno stimolato) nessun cambiamento reale perché modificare lo status non fa comodo a nessuno. È stato un movimento che non ha costruito nessuna conflittualità e si è risolto come una parentesi allegra sulle pagine di “Repubblica”, proprio dove era nato.
È stata individuata la retorica sul “razzismo” come cartina di tornasole attraverso cui leggere il “grillismo”. Aggiungerei anche i discorsi sulla Patria e sui confini “sacri” da difendere, spesso evocati dal caudillo in alcuni interventi. Patria e confini creano comunità, fanno popolo e costituiscono definizioni. Definiscono “amici” e “nemici”.
Da questa angolazione proviamo a leggere il “razzismo” da un altro punto di vista. Sarebbe fuorviante, e fin troppo moraleggiante, credere che la “Sinistra” sia naturalmente anti-razzista, anti-fascista e via dicendo per pre-condizione etica. Mi viene in mente una scena del film “I Compagni” diretto da Mario Monicelli nel 1963, con uno straordinario Marcello Mastroianni nel ruolo di professore “agitatore” della classe operaia torinese contro le nefandezze del padrone. Penso in modo particolare all’assalto, organizzato dagli operai in sciopero, contro il treno che portava i “crumiri” in fabbrica. Quella violenza diventava facilmente “razzista” ma aveva radici nello spostamento della forza lavoro su richiesta (e comodità) dei proprietari. Quel “razzismo” (vi prego di estendere il concetto) stava pienamente dentro l’organizzazione ed il riconoscimento della classe operaia, inutile pensare il contrario. Non credo sia una questione di “biconcettualità”, semplicemente quando le soggettività si costituiscono in quanto tali riconoscono naturalmente come nemici gli estranei ai propri interessi o i potenziali concorrenti.
Credo si possa assumere come dato obiettivo che le soggettività si condensino sempre nel Conflitto. La “Teoria del Partigiano” di Carl Schmitt è illuminante. Nel film che ho citato il “nemico” erano altri lavoratori. Spesso il “razzismo” strumentalizzato da Grillo (ma anche dalla Lega Nord) affonda le proprie ragioni nella concorrenza al ribasso sui posti di lavoro. Per questo mi assale un dubbio. Gli operai organizzati che difendevano il proprio posto di lavoro, attraverso quella violenza, erano “razzisti” o lottavano contro il padrone per il proprio diritto al lavoro? Probabilmente la retorica abbastanza sinistrorsa del “volemose bene” (e del “proletari di tutto il mondo unitevi!”) non funziona quando si mettono in discussione elementi concreti di organizzazione e di soggettivazione nei processi di conflitto reale. Se, come credo anche io, ogni lotta appartiene alla stessa lotta, se la storia è storia di lotta tra classi, allora questi dispositivi andrebbero seriamente indagati.
Il “grillismo” (lascio fuori il Movimento 5 Stelle perché il discorso si complicherebbe) con la Sinistra (generalizzo lo spazio politico) c’entra poco e riproduce schemi cripto-fascisti (anche se sempre meno cripto-). Eppure non possiamo eludere il problema della competizione tra Esseri umani ed esistenze “vive” terrestri che, in un modo o nell’altro, si scontrano perché ognuno si porta dietro una soggettività precedentemente costruita. Il tema del lavoro è ancora determinante come generatore di conflittualità. Questo “razzismo”, più o meno latente, sta pienamente anche nei processi di soggettivazione della Sinistra e pervade tutta la geografia delle organizzazioni politiche. A cominciare da questa “zona nera”, il paradigma destra-sinistra andrebbe scardinato. D’altronde la stessa “lotta di classe” (per citare una terminologia antica) non era di destra o di sinistra. Era lotta di classe, e basta. Non si consolidava neanche in una ipotetica differenza tra alto e basso. Era lotta di classe, e basta. Ed in questa lotta gli elementi di organizzazione e condensazione di comunità erano determinanti rispetto a tutto il resto. Sono state le Elezioni democratiche a dividere il mondo tra destre e sinistre.
Ed il fascismo, giustamente preso in considerazione dal post? Nasce come creazione della comunità-Nazione, riprendendo abbondantemente la retorica del Risorgimento. Però lo fa con uno scopo preciso: eliminare ogni tipo di antagonismo “di classe”, creando una società armoniosa dove l’interesse dell’operaio coincida con quello del padrone. Thomas Hobbes applicato al Novecento. E’ l’Economia Sociale di Mercato. Forse il pericolo più grande che viene dai Movimenti dell’indifferenza destra-sinistra è proprio questo tentativo costruito “da sinistra” (almeno nell’immaginario collettivo, perché il M5S è sempre a sinistra di Rifondazione Comunista nei sondaggi elettorali) di disarticolare il conflitto e la dinamica di classe dalla società. Questo sembra essere il nodo del dibattito. Ed infatti la net-society prospettata dai “grillini” non è altro che una società senza classi, che si auto-determina senza conflittualità.