Se acquisti il libro da questo link hai uno sconto significativo: Anatra all’arancia meccanica. Racconti 2000-2010 (Einaudi. Stile libero big)
— —
Sono passati dieci mesi dalla pubblicazione di “Anatra all’Arancia meccanica“, autore il Collettivo Wu Ming. Questo il thread di “lancio”. Qui, ed anche qui, una raccolta di interventi, opinioni e recensioni. Una panoramica interessante che misura il reale “assorbimento culturale” (dov’è l’opinione pubblica?) dell’ultima fatica dei “senza nome”.
La nostra recensione sarà un’anti-recensione, come al solito, perchè i libri bisogna viverli e non riassumerli. Ed ognuno vive le parole a proprio modo (fortunatamente!). Ognuno crea la sua resistenza a propria immagine e somiglianza. Siamo come piccoli demiurghi diffusi che, attraverso la creatività, producono gioia e rivoluzione. Gioia e Rivoluzione. Saremo, quindi, banali. Estremamente banali. Perchè la banalità rende le cose per quello che sono realmente, senza nasconderle dietro l’ipocrisia del marketing o l’auto-referenzialità della scrittura.
Anatra all’Arancia meccanica è una raccolta ontologica di 16 racconti pubblicati da Wu Ming su vari spazi. Una raccolta “ontologica” (no, non è un refuso) perchè racconta la genesi di un decennio di movimento e di soggettivazione (i fantastici “Anni Zero”). Un decennio di avvenimenti (l’11 settembre americano, Genova 2001, il berlusconismo…) e di nuovi strumenti (internet, le discussioni via mail, i blog, i social network…). Una genesi straordinaria che, dalle allegorie rivoluzionarie, si riproduce in dinamiche “umane, troppo umane“. Perchè non solo tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare.
Queste 16 narrazioni sono la cornice dentro cui viene raccontato un nuovo Mondo. Un Mondo in potenza e la sua potenza fallita. Sono storie che intrecciano la realtà. Sono livelli di realtà che diventano storie. Perchè Anatra all’Arancia meccanica è la critica della Narrazione con la N maiscuola. E’ la critica della Storia con la S grande. E’ una cornice dentro cui le nostre Vite cominciano a vivere in mille modi. Attraverso stili differenti, visioni alternative ed anti-retoriche. Non c’è la grande Città pronta a sussumere ogni meccanismo sociale nelle sue viscere metropolitane (non siamo tutti metropolitani). Ci sono le periferie, le province. Piccoli mondi futuri che urlano le loro contraddizioni e reclamano spazi di visibilità.
E poi c’è la violenza. Un filo conduttore che lega le narrazioni. Violenza dell’Essere umano su se stesso. Violenza dell’Essere umano sugli elementi naturali della Terra. Ma su questo sarebbe meglio far sedimentare qualche altra riflessione.
Non dimentichiamoci anche del Precariato e dell’impotenza di una generazione intera che nel 2001 era ancora troppo immatura per essere idealista, ma che ha visto sgretolarsi tutte le promesse fatte dalle “classi dirigenti” di ogni colore ed ideologia.
Complimenti ai WM, continuate così.
In realtà anche sul precariato andrebbe scritto un racconto perchè, ad oggi, forse non abbiamo ancora capito cosa sia!
In effetti questo fenomeno non ha avuto ancora uno spazio nella nostra cultura come invece meriterebbe. Sto cercando di studiarlo soprattutto da un punto di vista sociale e culturale, ma tuttora faccio fatica ad informarmi su nuovi contributi.