Le tesi di Darwin crearono scompiglio fin da subito. Uno degli argomenti più usati contro le sue teorie, anche da quei settori accademici naturalistici più ostili al cambiamento di paradigma (es, Nathaniel Shaler), era l’ “argomento probabilistico” (molto usato dai detrattori anche ora: alcuni autori del disegno intelligente cercano di stabilire, calcolatrice alla mano, congetture sulle remotissime probabilità dell’evoluzione umana). In sintesi, si afferma che l’assoluta improbabilità dell’evoluzione di quello strano animale chiamato uomo debba indicare necessariamente un qualche disegno divino che lo abbia voluto. La confutazione “meglio scritta” che personalmente abbia mai incontrato di questo abbozzo di principio antropico l’ho trovata in alcune pagine di Stephen Jay Gould (“Risplendi grande lucciola”), nelle quali il grande naturalista cita una lettera di un darwinista ottocentesco, William James:
Non sapremo mai quali fini non hanno potuto realizzarsi, poiché i morti non possono parlare. Il testimone superstite trarrebbe in ogni caso, qualunque cosa egli fosse, la conclusione che l’universo fu progettato in vista del successo suo e dei suoi simili, visto che così sono andate le cose. Ma il tuo ragionamento che ci sono milioni di probabilità contro una che le cose non siano andate così per caso non si applica. Esso si applicherebbe se il testimone fosse preesistito in una forma indipendente e avesse elaborato il suo progetto, e poi il mondo lo avesse realizzato. Una tale coincidenza dimostrerebbe che il mondo ha una mente affine alla sua. Ma una coincidenza del genere non c’è stata. Il mondo si è formato una volta sola, il testimone è arrivato dopo il fatto e si limita semplicemente ad approvare. Là dove è in discussione un solo fatto, non c’è alcun rapporto di “probabilità”.
Ecco il commento di Gould a queste parole:
I ragionamenti vecchi e infondati non muoiono mai (e neppure scompaiono a poco a poco), specialmente quando corrispondono alle nostre speranze. L’erroneo ragionamento della probabilità di Shaler è ancora molto in voga fra coloro che desiderano trovare una giustificazione cosmica per l’importanza dell’uomo. E la replica di James rimane oggi altrettanto brillante e valida di quando egli la formulò la prima volta nella lettera a Shaler. Noi potremmo salvarci da molte assurdità correnti se ogni devoto del principio antropico (nella sua versione forte), se ogni tifoso della Noosfera di Teilhard de Chardin, leggesse e capisse la lettera di James a Shaler.