Profondo conoscitore delle fonti classiche, l’autore riprende in questo testo edito originariamente nel 1965 un topos caro alla sua precedente produzione letteraria: il cosiddetto “irrazionale” si identifica fortemente col modello greco-ellenistico inteso come esperienza del mistico e dell’esoterico (1). L’autore, in quest’opera, pur essendo un fervente razionalista di larghe vedute, presenta il mondo delle paure e delle stravaganze del periodo tardo romano: si avvertono in filigrana determinati stati modificati di coscienza, di esperienze esoteriche e mistiche, nonché nuovi modi di pensare e di vivere. Nel periodo cruciale che va dall’ascesa al trono di Marco Aurelio alla conversione di Costantino, rileva i principali aspetti dell’esperienza religiosa; è periodo in cui il mondo precipita nella decadenza materiale, in cui fioriscono i nuovi e più intensi sentimenti religiosi e in cui si assiste a un mutamento di prospettiva intellettuale. È una vera e propria epoca di angoscia, perché ciò che conta per l’uomo di quel tempo non sono più i valori materiali e morali, ma l’idea di infinito e di salvezza; cristiani e pagani, secondo una nota tesi storiografica, sono impegnati a pensare più a se stessi che alla realtà esteriore: “gli uomini stavano cessando di osservare il mondo esterno e di cercare di capirlo, utilizzarlo o migliorarlo: essi erano portati a pensare a se stessi…L’idea della bellezza dei cieli e del mondo passò di moda, e fu sostituita da quella dell’infinito”. L’autore tratta questo argomento con l’intento di poter essere di interesse specialmente a chiunque non abbia ancora “una conoscenza specifica del pensiero antico o della teologia cristiana”.
Dodds, pagani e cristiani in un’epoca di angoscia. Una recensione
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