Manovra “bis”, CCNL, l’articolo 8 e una provocazione…

Riportiamo sotto, integralmente, il testo definitivo dell’articolo 8 della manovra finanziaria pubblicata il 16 settembre 2011 (entrata in vigore il giorno seguente) che tanto ha fatto, e sta facendo, discutere il “mondo del lavoro” (e non solo). Le organizzazioni sindacali, sull’argomento, si sono ulteriormente divise (qui un sunto). Confindustria osserva tranquilla. Marchionne esulta. Sacconi vede realizzarsi un altro pezzo importante del suo “Libro bianco” scritto qualche anno fa (qui un nostro breve commento). La destrutturazione delle vecchie strutture burocratiche e centralizzate del Welfare State, iniziata negli anni Ottanta con l’avanzata dei “colletti bianchi” proprio dai cancelli della FIAT contro il movimento operaio (ormai esausto e frammentato), si sta lentamente compiendo. Il passaggio alla Welfare Society, una rete diffusa di istituzioni della protezione che dovrebbe accompagnare l’individuo nel pieno sviluppo del proprio benessere emotivo, è ormai più che evidente. L’articolo 8 della “nuova” manovra economica, giustificato dalla crisi economica globale e nascosto dalle imposizioni della Banca Centrale Europea, è solo un altro mattone che contribuisce a dare senso al progetto. L’organizzazione delle nostre Vite sta cambiando. Lo Stato ha configurato un’altra modalità della Provvidenza nei confronti dei suoi individui.

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Persona, Territorio e Comunità

Persona, Territorio e Comunità dal punto di vista neoliberale
Per una grammatica del Potere
(2010)

1.   “Crisi” come paradigma di Governo

Il discorso neo-liberale ha definitivamente dispiegato il proprio mantra (dopo una lunga fase di transizione che dura, più o meno, dagli anni Ottanta del secolo scorso). Si tratta di un ritornello costituente che parla ossessivamente di responsabilità, dono e solidarietà. Niente di nuovo sul fronte del Pensiero occidentale, se non fosse per la critica profonda e distruttiva alla “vecchia ideologia” del Welfare State, descritto come un modello degenerativo, un mix implosivo e socialmente pericoloso di assistenzialismo, paternalismo e immobilismo sociale.

D’altronde un certo approccio di “etica della responsabilità” del discorso liberale si potrebbe far risalire alla Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith. Si pensi, ad esempio, alla descrizione della “Simpatia” quale possibilità di proiettare la coscienza morale dei singoli individui in una dimensione pienamente “relazionale”, non “innata” e fondamentalmente soggettiva. Attraverso questa capacità simpatetica, infatti, si riuscirebbe a comprendere l’altro, ricevendone apprezzamento ed approvazione “tramite un immaginario scambio di posto con chi soffre” (Smith 1995, 82). Alla base di questo approccio ci sarebbe un “sentimento di partecipazione” che richiamerebbe la radice greca di συμπάθεια, nel significato di “patire insieme” (in relazione ad ogni tipo di sentimento). “La simpatia, perciò, – scrive Smith – non sorge tanto dalla vista della passione, quanto dalla vista della situazione che la suscita” (ivi, 86). È questa l’armonia della società liberale “classica”, il tratto costitutivo dell’individuo moderno successivamente inserito nella Ricchezza delle Nazioni (ovvero Ben-Essere delle Nazioni): “affinché possa esserci qualche corrispondenza di sentimenti tra lo spettatore e la persona principalmente interessata, lo spettatore deve, prima di tutto, tentare, per quanto può, di mettersi nella situazione dell’altro, e ricondurre a sé anche la più piccola occasione di disagio in cui può imbattersi la persona che soffre” (ivi, 102).

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Il problema del Male

“Si Deus est unde Malum?”

(Boezio, De consolatione philosophiae)

La domanda su Dio, che è poi la domanda sul Male, esiste da tempo immemorabile: basti pensare alla Bibbia stessa, nel libro di Giobbe o nel Qohèlet (Ecclesiaste), o semplicemente le parole di Gesù Cristo sulla croce: Elì, Elì, lamà sabactanì?” (Mt 27,46; cfr. Mc 15,34), ovvero “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. Si pone nella storia inevitabilmente il problema delle domande su e a Dio, ma il quesito che più tormenta i pensatori è quello ben espresso da Epicuro : «La divinità o vuol togliere i mali e non può o può e non vuole o non vuole né può o vuole e può. Se vuole e non può, è impotente; e la divinità non può esserlo. Se può e non vuole è invidiosa, e la divinità non può esserlo. Se non vuole e non può, è invidiosa e impotente, quindi non è la divinità. Se vuole e può (che è la sola cosa che le è conforme), donde viene l’esistenza dei mali e perché non li toglie?» .
Nella storia in particolare un evento ha messo in risalto il problema del Male : Auschwitz. Auschwitz è stato il mostrarsi del Male assoluto, privo di motivazione, il Male finalizzato al Male e accolto nel silenzio da Dio; si crea perciò un problema teologico, filosofico, o più semplicemente “umano”: alla luce di un evento come Auschwitz, chi non voglia rinunciare sic et simpliciter a credere nell’esistenza di Dio, deve per forza rivederne il concetto.

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Implicazioni freudiane in Shining, l’unheimliche.

Shining è fondamentalmente incentrato sul tema del ricordo, della memoria. La parola shining, ovvero “la luccicanza”, “il risplendere”, richiama ad un eccesso di tempo rispetto al presente, futuro e passato investono il presente continuamente per tutta la durata del film (continui riferimenti a date, fatica dei personaggi nel ricordare precisamente eventi, o date degli eventi; visioni, il vedere eccessivo e spesso telepatico). Ora, Kubrick e la co-sceneggiatrice Diane Johnson all’uscita di Shining dichararono di essersi ispirati al saggio di Freud Das Unheimliche, unheimliche è traducibile (con diverse riserve) in italiano coltermine perturbante, per rendere idea del senso di tale parola cito Freud: “Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”; unheimliche è ciò che ci è familiare, ma familiare nel passato, che è stato dunque rimosso è, per dirla con Shelling è ciò che avrebbe dovuto rimanere segreto, nascosto ed invece è affiorato. In Shining non vediamo affatto presenze demoniache o fantasmi, ma un passato nascosto che riemerge, i labirinti della memoria, una storia apparentemente altra, ma è solo un’apparenza come rivela la parola unheimliche nella sua enigmaticità, una casa familiare ma che ci è divenuta estranea tramite l’oblio, la rimozione. La ripresa di Kubrick del perturbante è evidente in diversi aspetti di Shining, Freud considera perturbanti:l’accecamento (Danny, il bambino, quando appaiono le gemelle nel corridoio si chiude gli occhi); il doppio o il sosia (il rapporto Danny-Tony, le GEMELLE assassinate, gli specchi presenti durante  il film), la telepatia (tra un sacco di personaggi di shining, Danny e Halloran, Danny e il padre, Danny e la madre: stessa immagine del sangue che esce dagli ascensori); il malocchio (to overlook in inglese significa “gettare il malocchio” e l’hotel in questione porta il nome di Overlook Hotel!); l’onnipotenza del pensiero. In fine, espliciti riferimenti all’ unheimliche sono presenti nel film, quello più celebre: Jack distrugge la porta del bagno con un’ascia per uccidere moglie e figlio urlando “I’m home!”, il che riporta il pensiero all’ unheimliche che contiene il suo contrario: la casa, la familiarità.

M.P.

Il tempo come progresso: tra παιδεία e moderno/2 La teoria storiografica

È nella civiltà greca che si crea la congerie di termini e di concetti che prepara alla critica storica, dal primo stabilirsi del problema della verità fino alla questione della tecnica affrontata da Heidegger. Un importante avvio al problema della verità fu dato proprio dall’opera di Heidegger Essere e tempo (1927), in cui il filosofo tedesco accoglieva l’interpretazione di Άλήθεια come non-occultezza, disvelatezza e vedendo in  Άλήθεια il fenomeno originario della verità.

Una corretta definizione strumentale della tecnica la identifica come un mezzo in vista di un fine, ma questa sua strumentalità non dice che cosa sia l’essenza della tecnica, poiché la constatazione non svela necessariamente ciò che le sta davanti nella sua essenza. Sennonché τέχνη non è solo il fare manuale ma si eleva soprattutto verso la produzione e la ποίησις, per cui la tecnica dispiega il suo essere nell’ambito nel quale accade  il disvelamento dell’ἀλήθεια. Ma appunto la tecnica moderna, faceva notare Heidegger, a differenza della τέχνη, è una provocazione e l’essenza della tecnica è impositiva e non è più sufficiente una definizione strumentale della τέχνη. La tecnica non è il pericolo ma il pericolo è nell’essenza della tecnica. L’influenza di Heidegger fu notevole e la sua proposta fu seguita quasi da tutti, ma Detienne si pone in polemica con questo filone della ricerca affrontando il trapasso dal μῦθος al λόγος.

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Rebel, Rebel. Parigi, Londra e le insorgenze pugliesi…

Abbiamo letto con interesse (ma non è una novità) il post di Wu Ming sulle recenti insorgenze in Inghilterra. Qualche giorno fa, con altrettanto interesse, abbiamo appreso la notizia (anche qui) dell’istituzione del “reato di capolarato“. Questa novità arriva dopo le terribili eccedenze che, negli ultimi mesi, hanno percorso la Puglia, migrante e non, da Nord a Sud (per motivi differenti). In modo particolare i braccianti migranti di Nardò, per giorni in lotta (anche utilizzando lo strumento dello “sciopero della fame”) contro le Aziende per ottenere un reddito dignitoso e contro l’intermediazione schiavistica del caporalato, hanno aperto un tavolo di confronto che ha prodotto dei (relativi) miglioramenti alla loro condizione sociale. Miglioramenti che non riguarderanno solo i migranti ma, per estensione, anche tutti gli altri esseri umani. La rivolta radicale dei migranti del CARA di Bari, che si è riversata anche sulle strade principali bloccando per ore la comunicazione tra la Città ed alcune periferie, invece ha messo al centro della rivendicazione la procedura (estremamente lenta) per l’acquisizione dello status di “rifugiato politico”. Due insorgenze estremamente differenti (e con conclusioni molto diverse) che hanno acceso i riflettori del dibattito pubblico sul tema dei Diritti, seguendo modalità anche di guerriglia a noi sconosciute. In realtà questa “esplosione migrante” non è una novità assoluta. Già la necessità della Casa ha coinvolto spesso, negli ultimi anni, anche i migranti nell’occupazione di spazi caduti in disuso ed abbandonati ai margini della produttività territoriale. Quasi per completare la geografia della ribellione, a pochi chilometri di distanza nella zona industriale di Bari, altri lavoratori (questa volta italiani) chiedono Diritti e protestano contro la delocalizzazione dell’Azienda ed il conseguente esubero di personale (già da tempo frustrato dalla Cassa Integrazione).

Questa radicalità diffusa, che in qualche misura si unisce alla riappropriazione giovanile di alcuni Spazi (come nel caso del Mercato Occupato), descrive un panorama estremamente interessante e stimolante. Non parla di sbocchi politici e/o di unificazioni organizzative. Racconta semplicemente di necessità che si concretizzano.

Il tempo come progresso: tra παιδεία e moderno/1 Senofane e Esiodo

Nel frammento 18 Diels-Kranz di Senofane, è presente il fondamento dell’idea di progresso nell’Occidente, come scrive Ludwig Edelstein nell’Idea di progresso nell’antichità classica.[1]A proposito di questa idea di progresso – precisa l’autore – non si tratta comunque di progresso in termini moderni.

Nel frammento 18 Diels-Kranz di Senofane si afferma che il tutto non è rivelato dagli dèi, ma, attraverso la ricerca, all’uomo è consentito nel tempo di giungere al meglio.

Nel frammento si afferma precisamente:

«οὔτοι ἀπ’ ἀρχῆς πάντα θεοὶ θνητοῖσ’ ὑπέδειξαν, ἀλλὰ χρόνωι ζητοῦντες ἐφευρίσκουσιν ἄμεινον.»[2]

«Certamente fin dall’inizio non tutto gli dèi svelarono ai mortali, ma nel corso del tempo quelli che ricercano trovano ciò che è meglio.»

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Comune. Oltre il privato ed il pubblico. Recensione del testo di Hardt e Negri

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Ogni aspetto della produzione sociale (l’archeologico “comando” capitalistico, inteso in senso economico-sociale) sarebbe stato sussunto dal Capitale finanziario che, per Antonio Negri (video-intervista sotto), organizzarebbe (in maniera consapevole e come “valore aggiunto” alla valorizzazione) anche la cooperazione e le opportunità del Comune. Oppurtunità che la Moltitudine dovrebbe cogliere costruendo scientificamente la propria autonomia attraverso l’Esodo dai meccanismi dell’appropriazione capitalistica. Esodo come “lotta di classe” e riappropriazione dei mezzi della produzione/riproduzione della Vita utilizzando il lavoro biopolitico come eccedenza sistematica ai limiti del comando del Capitale.
Comune. Oltre il privato ed il pubblico“, per essere molto sintetici, sembra essere un tentativo concreto di pensare l’autonomia politica e sociale della Moltitudine. Dopo gli anni Settanta, dai ragionamenti sull’autonomia operaia (fondamentale, su questo argomento, il libro di Mario TrontiOperai e Capitale“) qualcuno prova a pensare l’autonomia del Comune. Dopo Impero (2002, Rizzoli) e Moltitudine (2004, Rizzoli), l’ultima parte della trilogia hardtnegriana, a nostro avviso, delude le aspettative anche se l’impianto teorico che mette in gioco è certamente di valore. C’è comunque uno scarto evidente tra Moltitudine (il penultimo libro) e Comune. Circa sei anni di incubazione hanno sicuramente prodotto, negli autori, degli investimenti interessanti in termini di realtà e conoscenza delle dinamiche sociali. Ad ogni modo Comune non è, banalmente, il terzo Capitolo di un percorso già pensato ma si presenta come una ripresa ed una radicale rielaborazione dell’intera impalcatura analitica. Molti commentatori hanno descritto la sequenza di Impero-Moltitudine-Comune quasi come un passaggio “dialettico” che parte da un’analisi generale del comando imperiale (Impero), procede verso l’individuazione di una soggettività politica capace dell’alternativa attraverso un’esegesi della composizione dell’antagonismo (Moltitudine) e, infine, si conclude con la creazione di un’alternativa politica vera e propria che prenda spunto dall’espropriazione della produzione immateriale (Comune). Probabilmente questa lettura non è corretta. Abbiamo la sensazione che “Comune” ecceda la traiettoria di Impero-Moltitudine e si presenti come un compendio autonomo. Per questa ragione lo si dovrebbe leggere senza “l’ombra” (decisamente ingombrante) dei fratelli maggiori.

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La chiave della vita: l’errore. Monod, il caso e la necessità. Una recensione

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“Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto di caso e necessità” (Democrito). Considerate una semplice operazione sul vostro pc: copia-incolla di un programma, o quando masterizzate un cd. Il risultato finale, nonostante le apparenze, non è mai esattamente uguale all’originale. Avvengono degli errori di copiatura del codice binario del programma. Più il progetto che copiate è lungo e complesso, più c’è possibilità che questi errori siano più consistenti. Ebbene, la stessa cosa avviene nel mondo biologico. Il DNA non replica mai se stesso in maniera perfetta. Pensare che la chiave della vita e dell’evoluzione neodarwiniana siano gli errori di replicazione è uno degli spunti più sconvolgenti che vengono dalla lettura de “Il caso e la necessità” di Jacques Monod. In generale, nel mondo che non sia quantistico, si può dire che nulla è uguale ad un’altra cosa. Nella biologia, i contorni di questa “legge” sono netti. Qui non esiste invarianza perfetta, ma solo di principio: dagli organismi più elementari come i virus o i protobatteri fino ai mammiferi, sono le mutazioni “vincenti” la chiave della vita. Se la prima unità vivente del nostro pianeta si fosse riprodotta uguale a se stessa, non ci sarebbe potuto essere l’uomo.

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Metallo Urlante, Valerio Evangelisti. Una recensione…

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Nel nostro articolo “Les maitres fous. Le nuove religioni in contesto coloniale e neocoloniale” abbiamo parlato della capacità delle culture “subordinate” di integrarsi con le culture dei “colonizzatori” diventando altro e rimandendo comunque una promessa di libertà (e di liberazione).

Leggendo il libro “Metallo Urlante” di Valerio Evangelisti, nonostante sia stato pubblicato nel “lontano” 1998, ci è tornato alla mente questo concatenamento tra culture. Infatti i quattro racconti del libro (Venom, Pantera, Sepultura, Metallica) trattano esattamente di alcuni modi di (r)esistenza che alcune comunità spendono, generalmente a danno di altre. Non entriamo nel merito dei singoli racconti per provare ad evidenziare piuttosto l’elemento che, più di altri, ne caratterizza il filo conduttore: l’essere sociale.

Infatti nelle narrazioni si tratta essenzialmente della degenerazione delle comunità, della rottura delle relazioni più elementari di solidarietà e dell’implosione di ogni possibilità di emancipazione. I racconti sono distruttivi fino all’eccesso, pieni di una forza evocativa a cui sembra difficile dare torto. Soprattutto alla luce degli Eventi che costellano la nostra attualità. Eppure alcune culture tribali, relegate ai margini della società “civile”, sembrano poter tessere alternative di comunità (sempre destinate al sacrificio ed al martirio “palingenetico”). L’immagine di un ammasso unico di materia vivente che contiene decine di esseri umani e si lancia contro le pareti di un carcere si contrappone alla rappresentazione del Metallo come annichilimento di ogni legame sociale.

E’ nella corporeità che si nasconde la liberazione.

Pantera le si avvicinò e la schiaffeggiò con ponderata violenza. Gli occhi di Gloria si riempirono di lacrime. Lui le sollevò il mento. – Ascoltami bene. Per il paese intero le svergognate siete tu e le tue amiche. In realtà siete ragazze a posto. Ma anche Cindy lo è, solo che è più debole di voi. Guai a chi se la prende coi più deboli, per assomigliare a chi lo umilia. Troverà sempre qualcuno più forte di tutti.

Buone ferie!

Anche quest’agosto con lo zaino in spalla! Vi auguro buone ferie con una poesia di Dino Campana:

La luna illuminava ora tutta la Pampa deserta
e uguale in un silenzio profondo. Solo a tratti
nuvole scherzanti un po’ colla luna, ombre
improvvise correnti per la prateria e ancora
una chiarità immensa e strana nel gran
silenzio. Mi ero alzato. Sotto le stelle impassibili,
sulla terra infinitamente deserta e misteriosa,
dalla sua tenda l’uomo libero tendeva
le braccia al cielo infinito non deturpato
dall’ombra di Nessun Dio.

(Dino Campana, Pampa, Canti Orfici)