L’altra faccia dello specchio di Konrad Lorenz. Una recensione

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Una piccola recensione per un libro vasto, ricco, ricchissimo di spunti ed affascinanti riflessioni sulla natura umana e sulla vita in genere. Konrad Lorenz, il fondatore dell’etologia, in questo libro si sbilancia in territori anche abbastanza distanti e “pericolosamente” nuovi. Tante ipotesi, tante strade nuove per gli anni in cui scriveva. Il nobel preso da Lorenz nel 1973 è in parte riassunto in questa importante opera. E’ effettivamente il libro più filosofico e ardito (quanto a ipotesi) che il grande uomo di scienza abbia scritto. Da questo punto di vista, Lorenz qui appare anche il fondatore di un’altra disciplina, l’epistemologia evoluzionistica. Il libro è abbastanza divulgativo, ma non mancano passaggi difficili e molto tecnici che dimostrano che Lorenz scriveva rivolto anche ai suoi avversari, spesso i comportamentisti, i riduzionisti (coloro, in generale, che per metodo spiegano ogni struttura dei comportamenti complessi, anche umani, solo in base a funzioni sottostanti, sottovalutando l’emersione di strutture nuove) e, dall’altra parte, gli “idealisti” che frappongono una barriera fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e le altre specie, fra cultura e natura, fra l’uomo e l’apparato istintuale comune alle altre forme di vita. Scopo del libro è proprio mostrare i legami ferrei, quei ponti spesso invisibili fra quel mondo a sé che gli “idealisti” chiamano cultura, che chiamano essere umano, e quell’altra roccaforte, quell’altro mondo che gli scienziati chiamano oggettivamente natura. In sintesi, obiettivo è riuscire ad unificare due ambiti di ricerca e quei due mondi (gli umanisti e gli scienziati) che C. P. Snow ha descritto così bene nel suo libro, The Two Cultures. Per bocca di Lorenz, lo scopo dell’opera è il seguente:

Io spero di poter dimostrare anche agli antropologi di formazione filosofica, il cui atteggiamento nei confronti della biologia e della filogenesi non è particolarmente benevolo, quanto uniche nel loro genere appaiono le caratteristiche e le prestazioni specifiche dell’uomo proprio quando le si esamini con gli occhi del naturalista, cioè in quanto prodotto di un processo evolutivo naturale. Tale è lo scopo che questo libro si propone. (p. 23)

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Prefazione di Toni Negri agli Invisibili di Balestrini

fonte: GLOBALPROJECT

Il libro di Nanni Balestrini che viene ora ripubblicato parla di invisibili attori della lotta di classe tra gli anni ’70 ed ’80, in particolare nell’Italia del Nord e poi dentro le galere del Regno. Invisibili sono questi soggetti perché inafferrabili, esseri in mutazione, metamorfosi in atto: ma oggi che dire di questi invisibili (ed anche di questo romanzo) se non che non si tratta più di una storia antica e dismessa quanto invece di una tendenza attualissima, allora intravista e poi percorsa nel suo divenire?

La ripubblicazione de Gli invisibili ha il vantaggio dunque, oggi, di parlare di soggetti proletari la cui natura di classe è stata finalmente rivelata: gli invisibili di ieri sono i proletari di oggi, i lavoratori immateriali, il precariato cognitivo, la nuova figura dell’operaio sociale nei movimenti della moltitudine. Ce l’hanno fatta, questi maledetti, ad attraversare una rivoluzione nella composizione del lavoro ed una feroce repressione politica, a passare, lottando, dalle fabbriche alla società e (sempre producendo) dalla società alla galera (sempre ribellandosi). Ed ora dove andranno? Quella elite del movimento operaio che tradì e trascinò nel carcere gli invisibili, oggi si guarda intorno paurosa, incapace di costruire politica, teme di non poterlo fare se non riprende contatto con quel movimento secolare di trasformazione: ma non potrà mai farlo!

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Prima lezione di Antropologia, di Francesco Remotti. Una recensione

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(nelle foto, due uomini “primitivi” a confronto)

Alle volte è un peso scrivere recensioni, mai nel caso di Francesco Remotti. Prima lezione di antropologia è davvero  un pregevole libro del nostro filosofo-antropologo. Del resto, è l’ennesima opera di un autore che, da anni, cerca di decostruire il concetto di cultura. La tesi di fondo di questo testo è la seguente: elaborare forme di umanità significa sempre scegliere, separare e scartare, distinguersi da altre possibilità, che a loro volta vengono respinte ed allontanate. La cultura, le delimitazioni, si scavano nella carne, nei solchi della pelle, nei tatuaggi, nei piercing, nelle poderose mura del nostro variegato apparato simbolico, nelle mode, nelle nostre religioni e istituzioni. La cultura cerca di farsi natura, così la natura cerca di trasformarsi, anzi, legittimarsi in cultura.  Alla fine però, le diverse umanità autocreatesi  sono dipendenti l’una dall’altra. Le varie UMANITA’ sono in una inconsapevole simbiosi. Esempio centrale del libro per significare quest’ultimo concetto sono gli studi sul campo fatti dall’antropologo Roy Richard Grinker. La zona prescelta è la foresta equatoriale dell’Ituri, nel nord-est dell’Ex Zaire, ora repubblica democratica del Congo. In particolare Remotti si concentra su due diversi modi di COSTRUIRE UMANITA’, da parte dei Lese, coltivatori, e da parte dei Pigmei Efe, cacciatori. La distanza spaziale tra i due gruppi è minima, ma la distanza antropologica è massima. Per noi, apparentemente sia i Lese sia gli Efe vivono nella foresta  equatoriale del Congo. Collochiamoci ora nelle loro rispettive concezioni.

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