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“Il mio paese? È quello che mi accetta”. Pino Aprile, alla fine del suo libro, suggerisce questa domanda ai meridionali. Possiamo dire lo stesso dell’Italia? Il giornalista e scrittore descrive in maniera minuziosa le politiche attuate dal Governo italiano (nordista!) fatta sul Meridione dall’Unità d’Italia fino ai nostri giorni. 150 anni di sfruttamento e pregiudizio che hanno creato un muro economico (e psicologico) tra Nord e Sud.
Partiamo dall’inizio.
Risorgimento: i Savoia “conquistano” il Regno delle due Sicilie e attuano una politica coloniale sul territorio conquistato. Per il “bene dello Stato” drenano tutte le risorse economiche, tutto il meglio che al momento c’era in Italia, da Sud verso Nord. La motivazione? Il pagamento del debito piemontese. Scrive il deputato cavouriano Pier Carlo Boggio nel 1859 “o la guerra o la bancarotta”. Oh! Poverini. Peccato che al momento della conquista, almeno formalmente, i Savoia e i Borboni non erano in guerra. Ma sono dettagli.
Faccio una domanda: I fratelli del nord (così li chiama Pino Aprile) furono effettivamente mossi dai nobili sentimenti di Unità nazionale o dalle più terrene preoccupazioni economiche? Si può rispondere con alcuni fatti.
Il tesoro dell’ex Regno delle due Sicilie sanò il passivo di centinaia di milioni di lire del debito pubblico della nuova Italia. Hmn… come pensavo! Ma non finisce qui. E te pareva! Il nuovo sistema fiscale savoiardo cominciò ad opprimere l’economia Meridionale, facendola diventare una vera e propria colonia da cui attingere risorse economiche e materie prime. Ecco, cominciamo bene. In conseguenza di questa situazione, numerosi meridionali, per circa dodici anni, scelsero la “resistenza armata” contro i presunti liberatori che, di fatto, si palesarono come OPPRESSORI. Chi decideva di non prendere il fucile, sceglieva la valigia. In questo modo cominciò il grande (e quasi ininterrotto) flusso emigratorio del popolo del Sud.